Noi e il mondo…
Le funzioni cognitive ci permettono di interagire col mondo attorno a noi e di relazionarci con le persone.
Immaginate un giorno di entrare in una stanza per prendere qualcosa e non ricordare più che cosa, oppure di perdere l’orientamento temporale e non sapere se è mattina o pomeriggio, o ancora di non riuscire ad articolare una parola. Questi sono campanelli di allarme che vanno ascoltati e approfonditi.
Il decadimento cognitivo lieve (MCI, Mild Cognitive Impairment) è uno stato fra la fisiologica riduzione delle prestazioni cognitive nell’anziano e una serie di deficit legati invece alla demenza.
Rappresenta nel 50% dei casi una fase di pre-demenza, studi di letteratura indicano che di questi il 10-15% sviluppa la demenza di Alzheimer.
Da qui nasce l’importanza di conoscerne i sintomi, allo scopo di ottenere una diagnosi precoce per poter prevenire e ritardarne il decorso patologico.
Quali sono i primi segni del decadimento cognitivo
I primi sintomi del decadimento cognitivo sono:
- perdita di memoria a breve termine;
- disturbi dell’attenzione;
- confusione mentale;
- difficoltà di linguaggio;
- disturbi dell’equilibrio.
Le persone con decadimento cognitivo lieve potrebbero avere difficoltà ad eseguire compiti complessi che prima hanno sempre eseguito senza problemi, oppure potrebbero impiegare più tempo ad effettuare alcune operazioni o effettuarle in modo meno efficiente.
Può riguardare quindi diversi domini cognitivi senza però compromettere le normali attività quotidiane di una persona.
Il MCI può essere classificato in base alla funzione cognitiva deficitaria in esordio del decadimento stesso:
- MCI amnesico se il deficit riguarda la memoria;
- MCI non amnesico se il deficit è isolato e non riguarda la memoria, ma coinvolge una diversa sfera cognitiva ad esempio l’attenzione o il linguaggio;
- MCI multidominio quando il deficit riguarda più di una funzione cognitiva
A chi rivolgersi e quali esami eseguire per avere una diagnosi
Se si presentano uno o più dei suddetti segnali il primo riscontro va cercato col proprio medico di base, che essendo a conoscenza della storia clinica e familiare del paziente è in grado di stabilire se se sia necessario approfondire con uno specialista.
Il medico specialista a cui far riferimento è il neurologo, il quale si servirà di esami strumentali per effettuare una diagnosi:
- il primo approccio è il colloquio con il paziente e un suo familiare, per indagarelo stato del deficit.
- seguiranno analisi del profilo cognitivo con test neuropsicologici, come il Mini Mental Evaluation MMSE, strumento di valutazione delle funzioni cognitive e delle sue modificazioni nel tempo della durata di 10-15 minuti, oppure un test australiano General Practitioner assessment of cognition (GPCog) che richiede 4 minuti di tempo.
- tecniche di neuroimaging che consiste ad esempio in una RMN o PET e esami del sangue in cui si valutano fra i vari parametri i valori di Ferro, glicemia,vitamina B12, folati ecc.
Le Cause
Quando la causa è genetica non vi sono strategie comportamentali che possano risolvere il decadimento cognitivo, ma spesso le cause non sono genetiche, bensì sono coinvolti fattori diversi, ad esempio patologie come:
- il diabete;
- l’ipertensione;
- alti livelli di colesterolo nel sangue;
oppure uno stile di vita scorretto:
- il fumo;
- una vita sedentaria;
- mancanza di stimoli intellettivi e sociali.
Possibili soluzioni
In questi casi si può intervenire modificando le proprie abitudini, impegnandosi a mantenere uno stile di vita sano per il corpo e per la mente.
Esistono tecniche di “palestra cognitiva” che possono ritardare il decorso del decadimento o addirittura ridurlo, si tratta di un training cognitivo giornaliero da svolgere anche a casa, che agisce sulle funzioni in deficit, attraverso un allenamento della memoria, dell’attenzione, dell’orientamento e delle capacità multitasking.
Anche l’alimentazione, la qualità del sonno e il movimento fisico sono molto importanti.
Terapie
Non ci sono terapie farmacologiche per il decadimento cognitivo lieve, ma esistono integratori e risorse naturali che possono aiutare molto a rallentarne il decorso.
- Vitamine del gruppo B : acido folico (vit.B9) , cianocobalamina (vit. B12), piridossina (B6), tiamina (vit.B1). Importanti per la produzione di globuli rossi e la salute del sistema nervoso;
- Antiossidanti: manganese e selenio proteggono le cellule dallo stress ossidativo, NAC (N-acetil-l-cisteina), importante precursore del glutatione uno dei più potenti antiossidanti;
- L‘omotaurina è estratta dalle alghe rosse e protegge il cervello dall’invecchiamento grazie alla sua azione neuroprotettiva, ma va usata correttamente per evitare gli effetti collaterali: nausea, vomito, diarrea, vertigini ed emicrania. Non va usata in gravidanza e allattamento;
- La L-teanina è presente nel tè verde, ha proprietà neuroprotettiva. Ha azione rilassante senza provocare sonnolenza, migliorando l’attenzione e la capacità di concentrazione;
- Bacopa monnieri, è una pianta usata nella tradizione ayurvedica. Aumenta le connessioni delle cellule cerebrali, stimolando la crescita delle terminazioni nervose e potenzia l’acetilcolina. Ha però alcuni effetti collaterali a carico del sistema gastro-intestinale che ne rende l’uso sconsigliato in gravidanza e allattamento;
- BDNF, Brain Derived Neurotrophic Factor, è una proteina che ha un ruolo nel processo di invecchiamento. La sua diminuzione di espressione è correlata a deficit cognitivi. La diluizione omeopatica 4CH risolve il problema degli effetti collaterali.
Fonti e Bibliografia:
Società Italiana Neurologia.
Centro Alzheimer per la ricerca e la cura ( centroalzheimer.org).
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Huskisson et al. The Role of Vitamins and Minerals in Energy Metabolism and Well-Being. The Journal of International Medical Research 2007.
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XXIX Congresso Nazionale A.M.I.O.T. 30,Giugno,2018.
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