È possibile che, riducendo le calorie ingerite quotidianamente, si viva più a lungo? Questa la domanda alla base dello studio che da oltre dieci anni è condotto dai ricercatori del Pennington Biomedical Research Center in Baton Rouge.
Celerie – acronimo di Comprehensive Assessment of Long-Term Effects of Reducing Intake of Energy – è la sperimentazione clinica più ampia mai realizzata sugli effetti della restrizione calorica sul processo di invecchiamento delle persone.
I partecipanti, oltre a vedersi ridurre del 25% l’apporto calorico giornaliero, sono stati sottoposti a test, prelievi del sangue, ecografie articolari e misurazione della temperatura corporea interna.
Il quadro che ne è emerso è il seguente: riducendo le calorie, seppur in maniera modesta, ha portato ad un abbassamento del 10% del metabolismo dei partecipanti. Questo calo può essere attribuito in parte alla perdita di peso (in media 9 kg in due anni), ma principalmente è dovuto al cambiamento dei processi biologici. Insulina e ormoni tiroidei sono stati i biomarcatori di questa scoperta.
“Riducendo le calorie è possibile rallentare il tasso metabolico basale, l’energia necessaria per sostenere le funzioni quotidiane dell’organismo” spiega l’endocrinologo e autore dello studio Leanne Redman.
Quando il corpo usa meno ossigeno per produrre tutta l’energia richiesta, produce al contempo meno sottoprodotti o “rifiuti”, come possono esserlo i radicali liberi, dannosi per il DNA o altre cellule.
“Dopo due anni, l’abbassamento del metabolismo e dei livelli di calorie assunte hanno portato ad una riduzione dei danni ossidativi a cellule e tessuti” prosegue Redman.
Ancora lunga è la strada per determinare con certezza il rapporto tra restrizione calorica e longevità, tuttavia questi primi risultati sono incoraggianti e aprono le porte a nuovi sviluppi.
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