Se sei un genitore, cambiare il pannolino al tuo bambino non è di sicuro la parte preferita della tua giornata. Tuttavia ti ritrovi ad osservare scrupolosamente il contenuto di ciascun pannolino, perché il pediatra ti ha detto che il colore e la consistenza di quello che il tuo piccolo fa, ti racconta molto sul suo stato di salute. Ma qual è la connessione tra un pannolino sporco e il cervello del tuo bambino?
È questo il quesito che ha mosso il lavoro di un gruppo di ricercatori della UNC School of Medicine, capitanato dalla professoressa Rebecca Knickmeyer.
La ricerca
Obiettivo della ricerca, unica nel suo genere, era cercare di comprendere se ci fosse una correlazione tra la comunità di batteri intestinali (microbioma intestinale) dei bambini e il loro sviluppo cognitivo nei primi due anni di vita.
I risultati
I ricercatori hanno fatto una scoperta sorprendente: i bambini che avevano sviluppato – nel corso del primo anno di vita – una particolare comunità di batteri intestinali, hanno anche ottenuto migliori risultati nei test cognitivi, segno di un maggior sviluppo cognitivo. (Leggi qui la ricerca completa)
“Questa è la prima volta che un’associazione tra comunità microbiche e sviluppo cognitivo è stata dimostrata nell’uomo”, spiega la professoressa Knickmeyer.
I batteri comunicano con il cervello?
I ricercatori stanno ancora lavorando a questo quesito e sono alla ricerca dei percorsi che potrebbero essere coinvolti. Un’altra possibilità è che i batteri facciano da tramite per altri processi che influenzano lo sviluppo cerebrale, come ad esempio, la variazione in alcuni nutrienti della dieta.
Sviluppi futuri
Nonostante questi studi siano preliminari, suggeriscono come intervenire precocemente sul microbioma intestinale possa essere la chiave per migliorare e ottimizzare lo sviluppo cognitivo dei bambini.
“Potremo essere in grado di guidare lo sviluppo del microbioma e migliorare lo sviluppo cognitivo o ridurre il rischio di alcuni disturbi come l’autismo, che può portare a problemi cognitivi e di linguaggio”, continua la professoressa Knickmeyer “Come guidare questo sviluppo è un quesito aperto su cui la comunità scientifica ha appena iniziato a lavorare”.
Fonti:
http://www.biologicalpsychiatryjournal.com/article/S0006-3223(17)31720-1/fulltext