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Bimbi

0-3 anni: ad ogni età il suo linguaggio. Ecco come valutarne il corretto sviluppo

Foto di cottonbro da Pexels

Fin dalla nascita il neonato produce suoni e comunica i bisogni essenziali mediante il pianto. Intorno ai 3 mesi aumenta la varietà dei suoni prodotti che divengono più simili a quelli della lingua a cui è esposto fin da prima della nascita.

In questo periodo il bambino impara ad ascoltare e questo lo stimola a produrre vocalizzazioni che sfociano in una sorta di “gioco” condiviso tra adulto e bambino basato su versi e suoni.

In questa fase il bambino sperimenta le capacità e si esercita a ripetere i modelli internazionali degli adulti.

A 6 mesi il bebè inizia ad avere un maggior controllo sulla mandibola e sulla lingua e si assiste alla comparsa del babbling canonico ovvero “tatatata” “papapasequenze di sillabe uguali ripetute.

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Il questa fase il babbling ha caratteristiche universali, poiché la combinazione di suoni prodotti sono presenti in diverse lingue.

Successivamente emerge la fase del babbling variato, ovvero quando si assiste ad una variazione di consonante o vocale e di andamento intonativo: babi, pape.

Il bambino inizia a parlare

Le prime parole compaiono tra i 9 -15 mesi e fino ai 18 mesi convivono con il babbling. In questa fase si assiste anche alla comparsa dei gesti deittici (indicare, richiedere, dare e mostrare), che accompagnano e sostengono l’eloquio del bambino e successivamente alla comparsa dei gesti referenziali (movimenti convenzionali delle mani e del corpo come salutare, gesto di telefonare, mangiare).

Fino a 50 parole il repertorio lessicale del bambino è limitato alla produzione di parole con foni che appartenevano già al repertorio del babbling.

Successivamente intorno ai 17 mesi si assiste al periodo “dell’esplosione” del vocabolario in cui il lessico del bambino supera le 100 parole cominciando a capire come posizionare bocca e lingua per produrre un determinato suono che è diverso da un altro.

Seppur in questa fase il bambino comunichi ancora mediante singole parole, riesce ad essere estremamente efficace grazie anche all’accompagnamento di gesti e, in questo modo, la singola parola può assumere la funzione di frase ed esprimere differenti significati.

Dalle singole parole alle prime frasi

Tra 19-26 mesi i bambini cominciano a combinare 2 o più parole in sequenza formando così le prime frasi: “mamma via, pappa più”.

Tra 20-29 mesi si assiste ad un aumento degli enunciati semplici: “bambino prende cucchiaio”.

Tra 24-33 mesi prevalgono frasi nucleari prodotte con morfemi liberi e frasi ampliate con espansioni del nucleo: “il bambino mangia con cucchiaio

Tra i 27-38 mesi  avviene infine l’ultima fase di consolidamento e generalizzazione delle regole in frasi complesse: “ho sentito il cane abbaiare”.

È sempre bene ricordare che ci sono diversi studi che sostengono una continuità e una gradualità nello sviluppo in cui le fasi e i tempi non sono rigidamente prefissati e le differenze individuali possono essere ampie. Inoltre lo sviluppo del linguaggio è fortemente dipendente dal tipo di ambiente che circonda il bambino, infatti è proprio quest’ultimo che rinforza i comportamenti vocali / gestuali del bambino attribuendo loro un significato.

Quando e perché devo chiedere un consulto?

 In linea generale i campanelli d’allarme che possiamo individuare sono:

–          mancata presenza del babbling canonico dopo i 10 mesi.

–          un repertorio minore di 50 parole tra i 18-24 mesi

–          mancata combinazione di parole a 30 mesi

–          mancata o scarsa comparsa dei gesti, infatti diversi studi scientifici (Iverson, Capirci e Caselli 1994; capirci et al., 1996) evidenziano che i gesti non solo precedono la comparsa delle prime parole, ma continuano ad accompagnare le produzioni verbali quando i bambini iniziano ad esprimersi attraverso le parole.

È importante osservare e conoscere le tappe evolutive del linguaggio fin dai primissimi mesi di vita, per prevenire o minimizzare un successivo sviluppo di disordini fonologici / disturbi primari del linguaggio o ancora disturbi dell’apprendimento.

Cosa possiamo fare?

Innanzitutto non allarmiamoci e rivolgiamoci al pediatra di fiducia che ci consiglierà un professionista specializzato nel migliore approccio per il nostro bimbo.

Nel frattempo vediamo alcuni consigli pratici di ciò che possiamo fare a casa:

–          Creare delle opportunità di comunicazione

–          Seguire il bambino nell’interazione

–          Aggiungere nuove parole durante l’interazione

–          Favorire la turnazione comunicativa (parlo prima io poi il bambino senza parlarsi sopra)

Questo significa per mamma e papà parlare meno per lasciare al bambino la possibilità di esprimersi e seguirlo durante la conversazione. 

Porre enfasi durante la produzione delle frasi variando il tono della voce, andare piano e utilizzare un eloquio composto da frasi semplici

Dare sempre un riferimento visivo rispetto a ciò di cui si sta parlando/ciò a cui ci si sta riferendo mostrandolo al bambino, perché la comprensione è sempre alla base della produzione.

Questo lo possiamo fare mediante la creazione di routine come il momento del bagnetto o con giochi simbolici (fare la cuoca, fare il dottore) o cantando canzoncine e soprattutto con lettura condivisa di libri per bambini. Ricordiamoci che la scelta del libro non è casuale ma specifica per ogni fascia di età: 6-12 mesi libri sensoriali, 12-18 mesi libri con singole immagini, 12-24 mesi libri descrittivi e 24-36 mesi libri con storie.

Logopedista
Specialista nella riabilitazione di disturbi del linguaggio e disturbi miofunzionali orofacciali in età evolutiva.
Lavora principalmente presso studi privati.

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