Recentemente il direttore del centro di biologia sistemica dell’Università di Warwick, Naila Rabbani, ha pubblicato uno studio che, se confermato, permetterebbe di ottenere diagnosi ed interventi precoci sull’Autismo.
Gli ASD o Autism Spectrum Disorder sono dei disturbi dello sviluppo che riguardano principalmente l’interazione sociale e possono includere un ampio spettro di problemi comportamentali. Questi includono disturbi del linguaggio, comportamento ripetitivo e / o compulsivo, iperattività, ansia e difficoltà ad adattarsi a nuovi ambienti, alcuni con o senza compromissione cognitiva. Dal momento che esiste una vasta gamma di sintomi di ASD, la diagnosi può essere difficile e incerta, in particolare nelle prime fasi dello sviluppo.
“Speriamo che questi test possano aiutarci ad identificare anche nuovi fattori che causano l’autismo: con i nuovi test possiamo ottenere profili plasmatici ed urinari specifici, come delle impronte digitali, di composti che presentano modifiche pericolose” ha spiegato la dott.ssa Rabbani.
Anche italiani nella ricerca
Il team che ha sede presso la Warwick Medical School dell’Università coinvolge accademici presso il gruppo Warwick Systems Biology dell’Università di Warwick, l’Università di Birmingham ma anche l’Università di Bologna, l’Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e la Fondazione Don Carlo Gnocchi ONLUS.
La scoperta
I ricercatori hanno trovato un legame tra autismo e danno alle proteine nel plasma sanguigno mediante ossidazione e glicazione, ossia processi in cui le specie reattive dell’ossigeno (ROS) e le molecole di zucchero modificano spontaneamente le proteine.
Il 70% dei casi di autismo resta ancora con cause poco chiare
Le cause genetiche sono state riscontrate nel 30-35% dei casi di autismo e per il restante 65-70% dei casi si pensa che si debba riguardare a una combinazione di cause tra cui fattori ambientali, mutazioni multiple e varianti genetiche rare. Tuttavia, il team di ricerca ritiene anche che i nuovi test potrebbero rivelare nuove cause non ancora identificate.
I prossimi passi della ricerca saranno la ripetizione dello studio con ulteriori gruppi di bambini per confermare le buone prestazioni diagnostiche raggiunte e per valutare se il test possa identificare l’ASD nelle fasi iniziali e raggiungere indici predittivi di autismo soprattutto per capire come la malattia possa evolvere in sintomatiche più gravi. Inoltre potranno anche aiutare a monitorare l’andamento dei trattamenti e capire se stanno funzionando.