Possedere una casa e delle belle cose è fondamentale per tutti noi. Viviamo e siamo identificati dalla quantità e qualità degli oggetti, vestiti, automobili e da tutto ciò che questa età dell’oro e del consumismo ci offre. Compriamo, riceviamo in regalo, in eredità e… accumuliamo.
Le nostre case assomigliano sempre più a negozi pieni di mercanzie e gli armadi, i ripostigli, le cantine e i solai sono sempre più pieni.
Nasce perciò l’esigenza di fare una scelta tra comprare una casa più grande o prendere in affitto un magazzino.
Mi è capitato spesso, nella mia lunga carriera di architetto, che mi sia stato chiesto di cercare una soluzione per arginare questa marea di oggetti e vestiti che toglie aria e che si trasforma inesorabilmente da elemento di sicurezza emotivo a disordine fisico e mentale.
Il mondo è oggi pieno di libri, corsi, specialisti, canali tematici, tutti a proporre metodi infallibili per disfarsi del ciarpame accumulato in generazioni, ma la verità è più complessa.
Il Metodo giapponese
Ho provato ad applicare con dedizione il metodo giapponese, su di me ha funzionato benissimo, ma io non vivo solo… ho visto piangere la mia famiglia di fronte alla massa di roba inutile che, il sacro testo, proponeva di liberarsi.
I metodi in generale, a mio avviso, non sono fatti per il contesto italiano per due ragioni importanti. La prima è che abbiamo spesso cose di grande pregio ereditate dal passato anche centenario, la seconda è che la società italiana è più di relazione delle altre e voglio vedervi a disfarvi degli inutili regali mai usati, di vostra suocera.
Cosa fare allora?
Pensa e ripensa e prova in diversi contesti e alla fine ho cominciato a maturare una consapevolezza mia sull’argomento.
La prima cosa da fare è guardare, come se lo facessimo con occhi altrui, girare per tutti gli spazi, sfogliare le pile di riviste, aprire gli armadi, gli sgabuzzini, i soppalchi, le cantine, i solai, le vecchie valigie, le cassettiere – tutto.
Poi separare mentalmente i vari oggetti in tre categorie:
- Rotto, obsoleto, inutile, brutto
- Perso ma amato
- Dimenticato, mal riposto, sotto utilizzato, da valorizzare.
Disfiamoci di tutti gli oggetti catalogati rotto obsoleto, inutile, brutto
Se troviamo montagne di cavi di telefonini anni ‘90, audio cassette smagnetizzate o gli sci anni ‘70 con racchette piegate, insieme alle scatole con la contabilità dell’ufficio del nonno; oppure i pezzi del pupazzo gonfiabile della Mucca Carolina vulcanizzato e scolorito, beh la risposta forse la potete trovare da soli…
Ma spesso riscoprirete delle cose magnifiche – Perse ma amate
Che farne? Mettiamole in mostra
Il vostro primo skateboard, le foto delle nozze dei vostri genitori, o per semplificare tutte le categorie di oggetti descritte nella canzone di Jovanotti: Antidolorifico magnifico.
Tutto quello che resta appartiene alla terza categoria : dimenticato, mal riposto, sotto utilizzato, da valorizzare.
E qui arriva il punto: per me dopo aver fatto questo immenso lavoro di ricerca e selezione quello che resta va messo in evidenza, mostrato, goduto.
Certo alcune cose oggi non ci servono e comunque mantengono il loro valore inalterato, perciò io le ripongo in scatole in plastica trasparente, meglio non impilate, accessibili e godibili, su ripiani componibili, massimo due per scaffale.
Ricordiamoci infine che certe cose belle, ma per noi inutili potrebbero fare la felicità di altri. Venderle o meglio regararle può fare la differenza tra tenere una cosa che ci infescia e pensare che diventi utile per qualcun altro.