Per affrontare al meglio questo tema, è necessario tornare indietro nel tempo. Negli anni 60 in America, dopo la guerra, l’obesità non era ancora diventata un problema anche se si mangiava zucchero raffinato e pane bianco, con tre pasti al giorno senza ulteriori spuntini.
Se la colazione era al mattino esempio ore 8.00 e si cenava successivamente alle ore 18.00, le fasi di aumento dell’insulina dopo il nutrimento erano bilanciate da 14 ore di digiuno notturno in cui vi era un calo ormonale importante.
L’obesità stentava ad attecchire nonostante il tipo di cibo introdotto e questa situazione dipendeva dal fatto che i livelli di insulina durante il giorno erano bassi. Per svilupparsi, l’insulino-resistenza richiede la presenza di livelli costantemente elevati di questo ormone. Il digiuno notturno garantiva delle pause insuliniche prolungate pertanto la resistenza non poteva manifestarsi.
Se invece le occasioni di nutrimento passano da due/tre a cinque/sei, il rilascio di insulina dopo i pasti diventa necessariamente quasi costante con l’esito di essere iper esposti all’ormone. Ad un certo punto in quegli anni, le autorità nutrizionali hanno sancito che fare spuntini fosse salutare, che mangiare più spesso aumenta la termogenesi e fa dimagrire.
Nel 2003 la maggior parte delle persone faceva 5 o 6 spuntini al giorno, per cui il tempo medio fra i pasti si è ridotto del 30% e l’equilibrio tra lo stato di nutrimento (insulino-dominante) e quello di digiuno (insulino-deficiente) è andato perduto. Questo sistema ha portato a casi sempre maggiori di insulino-resistenza e conseguente obesità. Nell’insorgenza dell’obesità l’aumento della frequenza dei pasti è quasi due volte più importante dei cambiamenti alimentari. In sostanza mangiare spesso, fa ottenere un accrescimento dei livelli insulinici con la conseguenza che si instauri un problema di resistenza e tale stato è controproducente nel mantenere uno stato di salute e benessere.
Fonte :
“IL CODICE DEL DIMAGRIMENTO” del Dr. Jason Fung