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Toxoplasmosi in gravidanza: un rischio per il nascituro?

La toxoplasmosi è un’infezione normalmente innocua ma, se contratta nel corso della gravidanza, può avere conseguenze anche molto serie per la salute del bambino. Scopriamo di più.

Cause e sintomi

L’agente responsabile della Toxoplasmosi è il parassita Toxoplasma gondii e può colpire diversi animali ma l’ospite definitivo è il gatto.

Il gatto può infettarsi ingerendo carni contaminate oppure ingerendo direttamente le oocisti prodotte nell’intestino di un altro gatto. Una volta giunto nell’intestino il parassita comincia a replicarsi e a produrre oocisti, che il gatto elimina poi con le feci. Le oocisti saranno poi infettanti per tutti gli altri animali.

L’animale (così come anche l’uomo) può infettarsi tramite le oocisti eliminate dai gatti infetti tramite le feci. Gli animali produttori di carne possono facilmente infettarsi al pascolo, in prati contaminati, o se viene loro somministrato foraggio o mangime contaminato. Per gli animali carnivori il contagio può avvenire tramite predazione di animali infetti.

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Credit: medicina360.com

La toxoplasmosi è caratterizzata da due fasi:

1)    La fase primaria, che dura settimane o mesi in cui il parassita si trova nel sangue o nei linfonodi. In questa fase si possono avere dei sintomi come ingrossamento delle ghiandole, stanchezza, mal di testa e, a volte, febbre e ingrossamento di milza e fegato.

2)    La seconda fase della toxoplasmosi è detta “postprimaria” ed è caratterizzata dall’assenza di sintomatologia, sebbene il parassita continui ad essere presente nell’organismo, in particolar modo nei muscoli e nel cervello.

La persona che contrae la toxoplasmosi resta poi immune per tutta la vita, in quanto sviluppa anticorpi e linfociti specifici.

Attualmente non si dispone di un vaccino, quindi non è possibile evitarla con certezza assoluta, ma esistono una serie di accorgimenti che possono aiutare a prevenirla.

Prevenzione

Per prevenire la toxoplasmosi ci possono venire in aiuto alcuni accorgimenti pratici. Ecco i principali:

Consigli alimentari 

Il rischio più alto di contrarre l’infezione è dovuto al contatto o all’assimilazione di carne poca cotta, specialmente quella di agnello, maiale e manzo. 

Non assaggiare mai la carne mentre la si prepara o in fase di cottura. E’ importante, dopo aver toccato la carne cruda, lavarsi le mani con sapone e risciacquare abbondantemente.

Anche frutta o ortaggi freschi vanno lavati con cura sotto acqua corrente prima del consumo. Per  maggiore sicurezza, si possono lasciare in ammollo per 30 minuti con bicarbonato di sodio. Ricordiamoci di risciacquare bene prima del consumo o della cottura. 

Evitare salumi o insaccati poco stagionati (meno di 30 gg).

Giardinaggio

Molta attenzione va prestata anche ai lavori di giardinaggio o al contatto con il terriccio. Se amate fare l’orto usate sempre dei guanti monouso e lavate accuratamente le mani.

I gatti

Se il gatto è domestico, vive sempre in casa e non è stato adottato dopo un periodo di randagismo, è molto difficile sia un veicolo per il parassita. In ogni caso il rischio è associato alle feci dell’animale: pertanto è bene evitare di entrarvi in contatto e magari far pulire la lettiera a qualcun altro. Altrimenti, è bene indossare i guanti monouso, gettarli una volta finita l’operazione e lavare bene le mani con acqua e sapone.

E’ normale preoccuparsi per il rischio di contrarre la toxoplasmosi in gravidanza, ed è raccomandabile mettere in atto tutte le precauzioni possibili per prevenirla, ma non bisogna nemmeno dimenticare che uno stress eccessivo non fa bene né alla futura mamma né al suo piccolo.

Diagnosi

Con un semplice esame del sangue, da eseguire all’inizio della gravidanza, il Toxo-test, è possibile identificare la presenza di anticorpi specifici per la toxoplasmosi: 

  • La IgM (immunoglobulina di tipo M ) si riscontra nella fase acuta della malattia ed è presente nel sangue di chi ha appena contratto l’infezione.
  • Invece, la IgG (immunoglobulina di tipo G ) rappresenta la “memoria” dell’infezione e si trova nel corpo di chi ha avuto la malattia ed è guarito.  

Come leggere i risultati del toxo-test

  • IgM e IgG entrambe negative (cioè inferiori ai valori di riferimento indicati dal laboratorio): vuol dire che non si ha mai contratto l’infezione. Questo significa che, la donna in gravidanza, dovrebbe prestare attenzione alle norme igieniche di prevenzione.
  • IgM negative e IgG positive: vuol dire che si è già entrati in contatto con la toxoplasmosi in passato ma non si ha un’infezione in corso. Ormai si è immune e non ci sono rischi per il feto.
  • IgM positive e IgG negative: sta ad indicare che non si è mai contratta l’infezione in passato, ma che nel momento dell’esame l’infezione è in corso.
  • IgM e IgG entrambe positive: vuol dire che l’infezione c’è stata e potrebbe essere ancora in atto, così come potrebbe significare che è avvenuta fino a 3-4 mesi prima, visto che le IgM impiegano 3-4 mesi prima di diventare negative. 

Il toxo-test verrà eseguito altre volte nel corso delle settimane di gestazione, al fine di tenere sotto controllo la situazione e rilevare un’eventuale infezione per tempo. 

Quali sono i rischi per il feto?

Se il contagio del feto avviene nelle prime settimane i rischi aumentano:

Nel primo trimestre la probabilità di infezione fetale è molto bassa, circa il 17%, ma i danni sul feto possono essere rilevanti, perché è in corso la formazione degli organi. Il nascituro potrebbe sviluppare idrocefalia, lesioni cerebrali (che sono causa spesso di ritardo mentale ed epilessia), ridotta capacità visiva con conseguente possibile perdita della vista.

Al contrario, nell’ultimo trimestre di gestazione, quando il bambino è già formato, è maggiore la probabilità di trasmissione – dal 65 al 90% dei casi nelle ultime tre o quattro settimane – ma l’entità dei danni al feto/neonato è spesso trascurabile.

Terapia

In caso di contagio durante una gravidanza, è possibile evitare di trasmettere l’infezione al bambino sottoponendosi ad una terapia antibiotica mirata.

In generale la terapia dipende dal momento della gravidanza in cui è stata contratta la malattia.

Un’ultima doverosa annotazione: se una madre si infetta o è ancora infetta mentre sta allattando, può tranquillamente continuare l’allattamento: non c’è rischio di trasmettere il Toxoplasma al figlio allattato al seno.

Fonti

https://www.bmj.com/content/321/7254/142.abstract

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