Recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha reso disponibile il “World Health Statistics”, un report che valuta i progressi relativi alla salute della popolazione in oltre 190 paesi del mondo.
Osservando i dati riguardanti l’Italia, si nota che l’aspettativa di vita è passata da 77 anni nel 1990 a 83 nel 2013 (in particolare 80 anni per gli uomini e 85 per le donne): una crescita che porta il nostro paese al secondo posto al mondo in quanto a longevità.
Questo dato significativo è dovuto al miglioramento delle condizioni di vita, alla diffusione di un benessere maggiore, ai progressi nella medicina e delle cure sanitarie, ma anche al calo della mortalità evitabile. Questi fattori in particolare nei paesi occidentali rispondono una nuova progettualità e cultura della salute, che rimane un bisogno primario nonostante la crisi economica.
Tuttavia, benché speranza di vita e longevità siano cresciuti moltissimo a partire dal XIX secolo, esiste un limite umano (115 anni) che non è possibile superare, eccetto rarissimi casi.
Infatti “non siamo stati progettati per vivere così a lungo”, afferma Andrea Poli, presidente della Nutririon Foudation of Italy, perché i geni non si adattano così in fretta alla nuova longevità che impone cambiamenti di stile di vita, maggior attenzione alla prevenzione per salvaguardare l’età avanzata da malattie croniche e neurodegenerative.
Uno studio, pubblicato su Nature, afferma che la probabilità che un individuo possa superare la soglia già alta di 115 anni è inferiore a 1 su 10.000. Per arrivare a questa conclusione, i ricercatori dell’Albert Einstein College of Medicine di New York analizzano i dati relativi allo Human Mortality Database riguardanti la mortalità della popolazione di oltre 40 Paesi e i decessi nei quattro stati (Usa, Francia, Giappone e Regno Unito) che risultano avere il più alto numero di anziani. Modelli matematici e statistici confermano che l’aspettativa di vita per l’essere umano si stia stabilizzando sui 115 anni.
Ma se è vero che viviamo più a lungo, allora i fattori di rischio hanno più tempo per fare danni: più longevi ma forse più malati.
Secondo una ricerca di Lancet condotta sullo stato di salute mondiale tra il 1990 e il 2015, andremo incontro a possibili patologie che dipendono da stilli di vita non corretti (fumo, alcol, cattiva alimentazione, uso di droghe e sedentarietà), se più accorti e attenti alla prevenzione potremmo essere soggetti a mal di schiena, perdita di vista e udito, depressione e anemia, disturbi muscolo scheletrici.
Come sempre prevenzione e integrazione devono accompagnarci fin da giovani, per prepararci a vivere al meglio questa nuova longevità.
Dott.ssa Martina Laccisaglia
Centro Studi Comunicazione sul Farmaco, Salute e Società – Università Statale di Milano
Fonti:
Xiao Dong, Brandon Milholland, Jan Vijg: “Evidence for a limit to human lifespan”, Nature 2016
Global, regional, and national life expectancy, all-cause mortality, and cause-specifi c mortality for 249 causes of death, 1980–2015: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2015, Lancet 2016