La sindrome da stanchezza cronica (CFS) colpisce fino a 24 milioni di persone, a livello globale, ma si sa poco delle sue cause. Un nuovo studio svela parte di questo mistero: i risultati suggeriscono che un sistema immunitario iperattivo può scatenare questa condizione a lungo termine.
Cos’è la sindrome della stanchezza cronica
Le persone affette da sindrome da affaticamento cronico, noto anche come encefalomielite mialgica (ME), soffrono di una grave stanchezza mentale e fisica che non è alleviata dal riposo. Alcune persone hanno anche sintomi simili a quelli influenzali, disturbi cognitivi e disturbi del sonno.
I sintomi si sovrappongono a quelli legati a disturbi del sistema immunitario e alcune infezioni sono note per influenzare questa condizione. Ma le misurazioni della funzione immunitaria in questi pazienti si sono rivelate incoerenti, di conseguenza, il ruolo del sistema immunitario non è ancora chiaro. Una ragione potrebbe essere che l’attivazione immunitaria viene misurata troppo tardi quando il paziente non sta già bene o sta andando dal medico per la prima volta.
Le infezioni sono eventi casuali, il che rende difficile studiare cosa succeda in risposta all’infezione che porta alla CFS: l’evidenza aneddotica suggerisce che molti pazienti ricordano che la loro condizione è iniziata dopo un’infezione virale, e gli studi sulla sindrome da affaticamento post-infettivo supportano questa teoria. Significa che ci rimane una domanda senza risposta: perché alcune persone con infezioni comuni sviluppano CFS?
Attivare una risposta immunitaria: lo studio
Per questo studio, pubblicato su Psychoneuroendocrinology, sono stati esaminati 55 pazienti affetti da epatite C trattati con interferone alfa, un farmaco che scatena una potente risposta immunitaria per combattere il virus. Mentre l’interferone-alfa riesce a combattere il virus, può indurre una vasta gamma di effetti collaterali debilitanti, tra cui l’affaticamento, rendendo le persone che ricevono questo trattamento un gruppo adatto per studiare e saperne di più su ciò che potrebbe causare la CFS.
L’approccio è stato innovativo perché ha permesso di effettuare misurazioni pre-trattamento per esplorare possibili fattori di rischio che potrebbero aver predisposto parte del gruppo a sviluppare una malattia simile alla CFS.
I ricercatori sapevano esattamente per quanto tempo i pazienti sarebbero stati trattati con l’interferone-alfa e li hanno monitorati durante il trattamento e per i sei mesi successivi, quando il provare una fatica persistente sarebbe stato conclamato.
I Risultati
Confrontando i pazienti che hanno sviluppato una malattia simile alla CFS (18 pazienti) al resto dei pazienti che si sono ripresi normalmente, hanno trovato livelli più alti di IL-10, una proteina infiammatoria, che fa parte della risposta immunitaria. Una volta iniziato il trattamento, coloro che hanno continuato a sviluppare un affaticamento estremo hanno avuto aumenti molto maggiori di IL-10 e IL-6 (un’altra proteina infiammatoria) rispetto a quelli che non hanno sviluppato sintomi simil-CFS.
Tuttavia, come negli studi precedenti, non vi erano prove di un’ attivazione immunitaria costante nei sei mesi dopo il trattamento quando è stata diagnosticata la malattia simil-CFS. Questo era vero anche per il gruppo di pazienti con CFS che è stato usato come gruppo di confronto.
Conclusioni
Ciò suggerisce che mentre una risposta immunitaria esagerata può essere responsabile di condurre i pazienti a sviluppare la CFS, non è più riscontrabile nel momento in cui viene effettivamente diagnosticata la CFS. Piuttosto, questa attivazione precoce può avere un effetto su altri organi, ad esempio, che portano a cambiamenti biologici associati a stanchezza cronica.
Sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio i meccanismi biologici che collegano la precedente attivazione immunitaria alla persistenza della fatica in seguito ma tutte le recenti ricerche confermano che la sindrome di stanchezza cronica sia comunque collegata all’iperattività del sistema immunitario.