Nella serie “Genius” Albert Einstein fa notare al presidente Franklin Roosevelt che “se sei sui carboni ardenti, un secondo sembra un’eternità ma quando sei con una bella donna, passa un’ora in una frazione di secondo. Questa è la relatività. “
La teoria della relatività descrive come la velocità e la gravità influenzino il passare del tempo. Vicino ad un buco nero, ad esempio, la teoria della relatività di Einstein prevede che il tempo passi più velocemente per un viaggiatore spaziale che per quelli rimasti sulla Terra.
La neurorelatività
Ma la capacità del cervello di percepire il trascorrere del tempo è diverso a seconda dei momenti e si parla di un altro tipo di relatività: la neurorelatività.
Parlando con i leader mondiali, le celebrità e il pubblico, Einstein non poteva sempre usare il linguaggio della matematica. Doveva riassumere e catturare l’attenzione del suo pubblico con qualcosa che collegasse le sue scoperte, sulla struttura dello spazio-tempo, alle esperienze quotidiane. L’analogia con i carboni ardenti è solo un esempio, ma nell’usarlo, forse involontariamente, Einstein ha predetto una direzione che la neuroscienza sta prendendo nella nostra era: capire i meccanismi di temporizzazione all’interno del cervello e la relazione di tali meccanismi con la percezione interna del tempo.
La percezione del tempo
Dean Buonomano, professore di neuroscienza comportamentale della UCLA University, ha analizzato come la percezione del tempo interno gestisca le sensazioni soggettive su una scala basata su alcuni valori come la velocità del trascorrere di una giornata e di come il tempo impiegato per ascoltare un discorso influisca sulla comprensione di esso. Uno dei punti centrali di Buonomano è che la percezione del tempo è complessa e coinvolge aree differenti del cervello. Esiste un’area temporale che risponde al ciclo luce-buio nel corso della giornata, influenzando il sonno ma che non dice quanti giorni e notti siano passati, né spiega perché i tuoi due giorni a Disneyland sembravano volare molto più velocemente delle due ore dal dentista.
Il ruolo del cervelletto
Questo aspetto della ricerca sulla neurorelatività ci porta in una parte specifica del cervello, il cervelletto. Questa area è nota da oltre 150 anni per il suo ruolo nel controllo e nella coordinazione motoria ma è sempre più riconosciuta anche per il suo ruolo percettivo. Una di queste è la percezione del tempo, che ha senso poiché è ciò che è necessario per supportare la coordinazione motoria.
I percorsi cerebrali che trasportano informazioni ai sensi come la vista, l’udito, il tatto sono collegati alla percezione di auto-movimento e quindi al cervelletto. Danni al cervelletto, e anche deficit cerebrali derivanti da disturbi genetici, manifestano notoriamente l’atassia, la perdita del controllo del movimento. Ma l’atassia è spesso accompagnata da altri deficit, molti dei quali derivano da problemi legati al tempo. In effetti, definiamo il movimento come un cambiamento di posizione nel tempo. Un violinista che suona un brano musicale complesso, una ginnasta che rilascia e recupera una palla, scrivere con una matita o seguire un oggetto con gli occhi: tutti questi compiti richiedono al sistema nervoso centrale di eseguire calcoli precisi del tempo e di usare quei calcoli per modulare i comandi da inviare ai muscoli.
Quindi non dovrebbe sorprendere che i disordini cerebrali si manifestino implicando il calcolo del tempo in relazione a fattori quali distanza, forza, direzione del movimento.
Ma per quanto riguarda la percezione del tempo stesso?
Si è scoperto che i disordini cerebellari possono includere anche la discronometria, la compromissione della normale capacità di stimare quanto tempo sia passato. Se viene dato qualcosa di divertente da fare, si potrebbe perdere la cognizione del tempo, come nell’analogia di Einstein, pensando che siano passati solo pochi minuti anziché un’ora. La discronometria quindi è davvero come una sorta di dilatazione temporale interna.
Perché si perda la cognizione del tempo durante certi stati mentali è qualcosa che gli studi sulla neurorelatività devono ancora risolvere ma la presa di coscienza della biologia di come il cervello si rapporti al tempo del mondo esterno potrebbe far notevolmente progredire la ricerca.