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Tecnologia e ambiente

Parlare più lingue rallenta i sintomi dell’Alzheimer

Parlare più lingue rallenta i sintomi dell'Alzheimer

Studiare più lingue non solo è utile per la vita quotidiana ma aiuta a prevenire l’Alzheimer. Sono i risultati di una recente ricerca effettuata in Belgio.

Parlare più lingue fa bene alla salute. Non è solamente utile a chi viaggia o nel lavoro, ma sembra anche proteggere il nostro cervello nei confronti del morbo di Alzheimer, rallentando il manifestarsi dei sintomi.
A renderlo noto sarebbe una ricerca condotta dall’Università di Ghent, in Belgio, secondo cui un gruppo di ricercatori, dopo aver analizzato fattori come l’educazione, lo status socioeconomico e la professione, ha potuto appurare che i sintomi della demenza compaiono circa quattro anni dopo in coloro che padroneggiano una seconda lingua.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “Bilingualism: Language and Cognition”, ha preso in esame nel periodo tra marzo 2013 e maggio 2014 un campione di 69 persone che parlavano soltanto la lingua madre e altri 65 pazienti che invece conoscevano anche una seconda lingua. Tutti i partecipanti erano affetti da probabile morbo di Alzheimer.
Dai dati raccolti emerge che l’età di insorgenza e la diagnosi della malattia sono ritardate nei poliglotti di circa cinque anni, confermando che chi parla più lingue allena meglio il suo cervello migliorandone l’invecchiamento e la memoria, che aiutano a prevenire la malattia neurodegenerativa. Mantenere la mente attiva non solo è quindi solo importante per fuggire da depressione e solitudine ma è anche il miglior modo per incrementare l’ intelligenza e migliorare la memoria e la concentrazione cercando così di limitare i danni dovuti all’invecchiamento per godersi in salute la senilità.

Dott.ssa Martina Laccisaglia
Centro Studi Comunicazione sul Farmaco, Salute e Società – Università Statale di Milano

Fonte:

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Evy Woumans, Patrick Santens, Anne Sieben, Jan Versijpt, Michaël Stevens, Wouter Duyck:  “Bilingualism delays clinical manifestation of Alzheimer’s disease”, Bilingualism: Language and Cognition, 2014

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