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Tecnologia e ambiente

Gli embrioni “ricordano” le sostanze chimiche che incontrano

Dall’ictus al tumore: come curare le radici comuni

Tutti noi iniziamo come un grumo di cellule identiche. Poi lentamente queste cellule si dividono e si moltiplicano, assumono gradualmente identità distinte, acquisendo i tratti necessari per formare, ad esempio, il tessuto muscolare, le ossa o i nervi.

Questo processo nel suo complesso si chiama embriogenesi e avviene attraverso processi di differenziazione cellulare. Un recente studio realizzato da scienziati del Rockefeller Institute offre nuove informazioni su come queste cellule embrionali vengano stimolate nel corso dello sviluppo.

Secondo lo studio, pubblicato su eLife, le cellule conservano una memoria dei segnali chimici a cui sono esposte. E i ricercatori hanno mostrato come gli embrioni che non riescono a formare questi “ricordi cellulari” rimangono un grumo di cloni, senza mai rendersi conto del loro unico potenziale biologico.

 

Come si attivano gli embrioni

Oltre 25 anni fa, Ali H. Brivanlou ha dimostrato che la proteina activina induce le cellule di rana embrionale ad assumere tratti specifici per determinati tipi di tessuto, un processo chiamato differenziazione cellulare. Per decenni si è pensato che l’activina avesse il compito di determinare/attivare il passaggio da un gruppo omogeneo di cellule a cellule specializzate.

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“Activina era la definizione da manuale di una molecola che è necessaria e sufficiente per la differenziazione cellulare”, spiega lo stesso Brivanlou, professore presso il Robert and Harriet Heilbrunn Research Center. “I ricercatori hanno dimostrato che la dose della proteina determina il destino cellulare: ad una dose molto alta, ad esempio, si ottiene la differenziazione delle cellule verso cellule di intestino e muscolo , a una dose molto bassa, si ottiene la differenziazione a tessuto nervoso”.

 

Il fallimento degli studi su embrioni sintetici

Nonostante ampie prove provenienti da studi su animali, sono rimaste domande su come l’activina guidi lo sviluppo nelle cellule umane. Ulteriori ricerche sviluppate dalla dott.ssa Anna Yoney hanno studiato se la proteina activina fosse in grado di innescare la differenziazione cellulare anche in embrioni umani generati in laboratorio. Sviluppati a partire da cellule staminali, questi embrioni imitano il comportamento delle cellule umane durante le prime fasi di sviluppo.

I ricercatori si aspettavano che questi embrioni sintetici rispondessero proprio come le rane di Brivanlou. Eppure, dopo aver somministrato l’activina a queste cellule, non si è osservato niente.

“Abbiamo messo l’activina sugli embrioni e abbiamo aspettato, abbiamo aspettato e aspettato, e assolutamente non è successo niente! Questo è stato scioccante”, racconta Brivanlou.

 

Cellule embrionali che hanno una “memoria” molecolare

Imperterrita, la dott.ssa Yoney prese in considerazione tutte le possibili spiegazioni per i suoi risultati. “Ho pensato, Ok, non riceviamo una risposta dall’activina da sola. Di quali ulteriori segnali potremmo aver bisogno per vedere l’innesco della differenziazione?”

Alla fine si è aggiunta la WNT, una molecola nota per regolare il movimento delle cellule durante lo sviluppo. Nell’esperimento successivo quindi si sono esposte le cellule a WNT e poi si è aggiunta l’activina. Questa volta la “ricetta” ha funzionato e le cellule staminali embrionali si sono differenziate come da previsione.

“Le cellule che sono state preventivamente esposte a WNT hanno reagito all’activina in modo completo,  proprio come lo vediamo nella rana e in altri animali”, spiega Brivanlou. “Ma le cellule che non erano state esposte a WNT sono rimaste totalmente insensibili, come se l’activina non fosse nemmeno presente.”

I ricercatori hanno concluso che la differenziazione richiede sia il segnale di WNT che dell’activina. Tuttavia i ricercatori hanno osservato che le cellule non devono essere esposte alle due sostanze chimiche contemporaneamente.

“Abbiamo bloccato la segnalazione del WNT durante la fase di trattamento con l’activina e abbiamo scoperto che le cellule si differenziavano ancora – racconta la dott.ssa Yoney – quindi abbiamo concluso che le cellule in realtà ricordavano che erano state precedentemente esposte al WNT.

 

Dove risiede la memoria delle cellule?

I ricercatori intendono ora esplorare come e dove sono memorizzati i ricordi cellulari. Yoney sospetta che siano registrati nei nuclei delle cellule come modifiche all’epigenoma, che controlla il modo in cui le cellule leggono il loro DNA. Ulteriori ricerche in questo settore potrebbero avere importanti implicazioni per la comprensione dello sviluppo negli esseri umani e in altre specie.

 

La riprogrammazione delle cellule tumorali

Del resto studi simili erano già stati realizzati più di 15 anni fa quando il prof. Bizzarri del Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università Sapienza di Roma ed il dott. Pier Mario Biava, studiando i processi di differenziazione embrionale del pesce Zebrafish avevano scoperto una serie di sostanze in grado di riprogrammare le stesse cellule tumorali e farle revertere a cellule sane. Ormai da diversi anni si sente parlare di Tumor Reversion ossia della possibilità di ri-trasformare in cellule sane le cellule tumorali attraverso tecniche epigenetiche che mimano ciò che accade in natura durante la formazione di un embrione. Ci sono molti studi sia in laboratorio che già sull’uomo. Sul sito www.oncovita.it sono stati raccolti i principali lavori scientifici ed un team è a disposizione per rispondere alle domande di medici e pazienti.

Fonte:
https://www.rockefeller.edu/news/24195-embryos-remember-chemicals-encounter/
https://elifesciences.org/articles/38279
www.oncovita.it

 

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